“L’Italia” – cita l’articolo uno della nostra Costituzione – “è una repubblica”.
Parole semplici, dirette e chiare a cui, però, con il passare del tempo, facciamo sempre più fatica a dare un peso ed un significato reale e concreto.
Non è difficile immaginare quanto fu, invece, più realisticamente determinante, per chi, poco più di settant’anni fa, si trovò a scrivere queste parole, dopo una scelta referendaria, quella del 1946, che fu tutto fuorché netta e scontata.
La dicotomia tra monarchia e repubblica segnava un significativo spartiacque nelle modalità di approccio alla vita pubblica e sociale del tempo: negli anni dell’immediato dopoguerra, il difficile convivere con un passato di dolore e difficoltà portò ad immaginare la gestione della “cosa pubblica” in un’ottica che altri Paesi nel mondo non ebbero, fino alla stesura di quella che oggi molti definiscono la “costituzione più bella del mondo”.
Fu allora individuato un meccanismo di equilibrismo tra poteri dello Stato e, ancor più, tra diritti e doveri dei cittadini che, se ad un primo approccio risulterebbe quasi macchinoso, si rivela, invece, essere una garanzia di stabilità e di rispetto istituzionale, verso cui oggi dovremmo tutti ritrovare un senso di responsabilità.
Si riscopre in questo concetto, dunque, il senso di una celebrazione annuale, ogni secondo giorno di giugno, dedicata alla forma, che diventa sostanza, delle nostre istituzioni repubblicane.
La parola “Repubblica”, composta dai concetti latini della “res publica” ci propone l’idea di una cosa, letteralmente, resa oggetto astratto, ma reale, da amministrare in modo pubblico, libero, trasparente ed equilibrato, chiamando ogni singolo cittadino ad una partecipazione attiva, ma anche vigile e valutativa.
Ci piace, in quest’ottica, pensare che la Repubblica la si possa, quindi, vivere nella quotidianità di ogni singolo individuo e di ogni singola famiglia che, con maggior consapevolezza, può basare il vivere comune su solide fondamenta, da cui, traendo dal passato passato, si possano dedurre serene prospettive, anche in tempi di mutamenti geopolitici, quale quello attuale.
Giorgio Moranda