21 GIUGNO: LA GIORNATA MONDIALE DELLA SLA
Si celebra, il 21 giugno, la Giornata Mondiale della SLA, promossa dalle associazioni dei pazienti, allo scopo di mettere a fuoco i grandi passi fatti, negli ultimi anni, in termini di ricerca e di sostegno alla cura di persone malate di SLA.
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), conosciuta anche come Morbo di Lou Gehrig, dal nome del famoso giocatore di baseball che ne fu colpito, o come Malattia di Charcot, dal nome del neurologo francese che per primo la descrisse nel 1860, è una malattia neurodegenerativa che porta ad uno scadimento dei neuroni di moto, chiamati anche motoneuroni. Nella maggior parte dei casi la malattia, sulle cui cause, nonostante numerosi studi, vi è ancora molta incertezza, risulta essere sporadica.
La SLA, pur potendo riguardare persone di qualunque età, solitamente sopra i vent’anni, colpisce principalmente persone di età compresa tra i 40 ei 70 anni, in prevalenza uomini.
Si stima, nello specifico, che in Italia ne soffrano più di sei mila persone.
Nella convivenza con la malattia, un’arma fondamentale per le persone affetta da SLA potrebbe essere la riabilitazione fisioterapica: a seconda delle caratteristiche personali del paziente, di una diagnosi quanto più possibile precoce e del conseguente stadio della malattia, è possibile stabilire un percorso personalizzato atto a rallentare il peggioramento della mobilità e ad ostacolare il processo di perdita dell’autonomia.
Nell’ambito di un contesto ampio di cure palliative, attenuazione della sofferenza e del dolore, la fisioterapia, in questo settore, ha principalmente lo scopo di mettere al centro il malato, il quale potrà, nel contesto di un fondamentale rapporto di fiducia reciproca, orientare, con la propria impostazione etica, culturale e affettiva, il percorso ai propri bisogni e alle proprie esigenze.
Poiché la SLA è una patologia multi sistemica che non interessa solo l’aspetto motorio, il fisioterapista non può e non deve focalizzarsi esclusivamente sulla valutazione del sistema motorio, ma anche degli aspetti soggettivi, come le alterazioni sensoriali e cognitive. Diventa di primaria importanza, quindi, la pianificazione del piano riabilitativo in base ai fattori ambientali e alle caratteristiche adattative del paziente e ai suoi obiettivi.
Il ruolo del fisioterapista, nella gestione della SLA, può essere, dunque, di grande rilevanza in quanto, a seconda dello stadio della malattia, egli può intervenire con lo scopo di migliorare o mantenere le capacità residue del paziente.
La fisioterapia nel paziente affetto da SLA si compone principalmente di interventi terapeutici nei settori specifici neuromotorio e respiratorio, in particolare allo scopo di mantenere l’articolarità, la forza muscolare e l’elasticità di tutti i distretti corporei, stimolando il reclutamento dei muscoli più deboli e soprattutto di quei muscoli responsabili delle azioni vitali. Insegnare al paziente la distribuzione dei carichi, aiutarlo a conoscere e riscoprire il proprio corpo e guidarlo verso la ri-armonizzazione del movimento e del cammino risulta essere di grande aiuto per sfruttare al meglio le capacità residue ed aiutarlo a condurre una vita nel più alto grado di autonomia possibile.
A completamento dell’attività fisioterapica, è stato, inoltre, possibile dimostrare che, nel lungo termine, un piano terapeutico che preveda anche l’esercizio fisico personalizzato riuscirebbe a prevenire le cadute, a contrastare la debolezza, ad incrementare le capacità respiratorie e, di conseguenza, a migliorare la qualità della vita.
In particolare, poi, per pazienti con importante affaticabilità o spasticità è risultata essere di grande importanza l’attività rieducativa in ambiente micorgravitario, quale, ad esempio, l’idrokinesiterapia, che, oltre ad apportare benefici muscolari, favorisce anche il miglioramento del tono dell’umore derivante dall’attività in acqua.
Sara Amighetti